Darkiss vs Zork su Archeologia Videoludica

Questo mese si è tornato a parlare di avventure testuali nella trasmissione radiofonica Archeologia Videoludica realizzata dallo staff di OldGamesItalia in collaborazione con Italian Podcast Network. Per celebrare l’uscita della traduzione italiana di Zork realizzata da Whovian e Raffox, i conduttori Roberto Bertoni e Simone Pizzi hanno deciso di dedicare la puntata di giugno – la decima della terza stagione, intitolata Quando uccisi il troll con la spada – alla storia di quello che è stato da tempo segnalato come uno dei dieci videogame più importanti della storia. In onda con loro e l’esperto di ingegneria informatica Alex Raccuglia c’era anche il sottoscritto Marco Vallarino, che oltre a ricordare con scontata nostalgia i tempi d’oro dell’interactive fiction, in cui Infocom, Level 9 e Magnetic Scrolls spadroneggiavano nel mercato mondiale dell’intrattenimento informatico, ha abbozzato un confronto con le avventure della nuova generazione multi piattaforma legata all’utilizzo di Inform 6.

Si è così innescato un ‘derby’ tra il vastissimo sotterraneo di Zork I (110 locazioni) e quello quasi ‘casalingo’ di Darkiss (15), che ha illustrato come sia cambiato il modo di scrivere narrativa interattiva nei quasi quarant’anni di storia del genere. All’inizio, le avventure – essendo generalmente prodotti commerciali che dovevano legittimare il proprio costo – dovevano essere molto lunghe e difficili, senza disdegnare la possibilità di uccidere il giocatore con brutali (oltre che fastidiose) morti improvvise e di infilarlo in vicoli ciechi, da cui si poteva uscire solo ricomincia da capo il gioco. Proprio Zork rappresenta uno dei casi più esemplari perché, se si uccide il ladro prima che questi abbia rubato e poi aperto l’uovo incrostato di pietre preziose, sarà impossibile trovare uno dei tesori necessari a completare il gioco al 100%.

Adesso invece l’interactive fiction deve proporre un approccio più morbido alla storia. Non solo gli scenari devono essere più limitati, per non disperdere l’attenzione o scoraggiarne una accurata esplorazione, ma vanno anche esclusi cul de sac di ogni tipo e – se possibile – la morte del giocatore o comunque il game over, per non “rovinare il divertimento”. Questo perché tutto il mondo dell’intrattenimento informatico in generale sembra puntare sempre di più sull’aspetto immersivo piuttosto che su quello competitivo dell’opera e quindi si deve cercare di rendere l’esperienza di gioco il più gradevole possibile, senza il pericolo di traumi che potrebbero disaffezionare l’utente al “prodotto”.

Voi che cosa ne pensate? Gli amici di Archeologia Videoludica si sono detti disponibili a organizzare presto un’altra puntata della loro trasmissione dedicata all’interactive fiction, e sarebbe interessante sentire i pareri di chi ha conosciuto le avventure testuali già negli anni 80 e di chi invece le ha scoperte solo negli anni di Internet.

Intanto si avvicina a grandi passi l’uscita della mia nuova avventura. Restate sintonizzati!